Sinagoga centrale di Milano

La Sinagoga di via Guastalla fu distrutta da un bombardamento nell’agosto del 1943 e saccheggiata dai nazisti nel novembre dello stesso anno.

La Sinagoga di via Guastalla 19 fu inaugurata nel 1892, dopo un solo anno di lavoro, su progetto di Luca Beltrami, un architetto milanese molto noto, e di altri rinomati architetti dell’epoca. La sua inaugurazione fu il segno tangibile della ripresa della comunità ebraica milanese. La facciata luminosa nella sua policromia, dove risalta un mosaico di smalto blu oltremare, decorato con tessere d’oro, denota la piena «emancipazione» avvenuta, in cui anche i luoghi di culto dovevano far parte del paesaggio urbano e non nascondersi dietro facciate anonime. La Sinagoga, con gli annessi uffici, divenne il centro della vita della comunità, che, in quell’epoca, contava più di quattromila iscritti; divennero poi ottomila negli anni Trenta, in seguito all’arrivo di numerosi ebrei tedeschi che fuggivano dalle persecuzioni naziste. La Sinagoga rappresentò un rifugio e un importante riferimento quando, nel 1938, Milano accolse una nuova ondata di immigrati ebrei, provenienti dalle comunità minori italiane, a causa delle discriminazioni prodotte dall’emanazione delle leggi razziste antiebraiche.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il 13 agosto del 1943, una bomba e un incendio la distrussero quasi interamente. L’8 novembre del 1943 le SS, al comando di Otto Koch che, per la sua ferocia, era stato soprannominato dai suoi stessi commilitoni Judenkoch, «cucinatore di ebrei», effettuarono un’irruzione nella Sinagoga di via Guastalla; da Koch dipendevano i rastrellamenti, gli arresti, gli espropri, le torture e gli interrogatori di ebrei. Verso le nove e trenta del mattino, quando due individui in borghese suonarono alla porta della Sinagoga, l’impiegato della comunità, Alberto Bassi, addetto alla Sinagoga, aprì credendo si trattasse di profughi venuti a ritirare il sussidio o di correligionari bisognosi di qualche documento o informazioni. Ma dietro i due individui in borghese, che si qualificarono come agenti della Gestapo, una pattuglia di SS irruppe nell’ufficio del rabbino, dove si trovavano una quindicina di persone. Furono tutte arrestate. Uno dei fermati, il bulgaro Araw Lazar, nel tentativo di fuggire tra le rovine della Sinagoga, fu ucciso con un colpo di pistola. Nel trambusto due dei fermati riuscirono a scappare, scalando un muricciolo del cortile interno, gli altri vennero condotti all’ufficio di Koch e poi a San Vittore dove furono interrogati, obbligati a denudarsi e picchiati duramente. Con la rivoltella puntata, Koch cercava di farsi rivelare dove fosse nascosto il tesoro della Sinagoga. Non c’era alcun tesoro; così le SS si appropriarono di cassoni contenenti gli arredi sacri, le argenterie e i tappeti, murati nelle cantine. In seguito ai bombardamenti e al saccheggio della Sinagoga operato dai nazisti, ci fu lo smembramento della comunità ebraica di Milano.
La facciata, rimasta miracolosamente intatta, rappresenta tutto ciò che rimane del progetto originario dell’architetto Luca Beltrami, dopo le ricostruzioni del 1953 e la ristrutturazione del 1997.
Alle spalle della grande Sinagoga, si trova la Schola Carlo e Gianna Shapira, i cui arredi provengono dall’ex Sinagoga di Fiorenzuola d’Adda.
Tra il 1943 e il 1945, la persecuzione colpì duramente la comunità di Milano; in memoria delle vittime, sul muro, all’ingresso della Sinagoga, si trova una grande lapide con incisi i nomi degli oltre ottocento ebrei di Milano e delle zone circostanti uccisi in seguito alla deportazione nei campi di sterminio.

Francesca Costantini

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