Scuola ebraica di via Eupili

Una risposta della comunità ebraica di Milano alle leggi razziste del 1938, che esclusero studenti e docenti ebrei dalle scuole di ogni ordine e grado.

Nella zona Sempione, ai n. 6 e 8 di via Eupili, si trovano due palazzine, che un tempo erano la sede della Scuola Ebraica di Milano, che fu ampliata e radicalmente trasformata subito dopo l’emanazione delle leggi razziste antiebraiche del 1938, quando il regime fascista decretò l’espulsione dalle scuole di ogni ordine e grado degli studenti e degli insegnanti classificati di «razza ebraica». La comunità israelitica di Milano, presieduta da Federico Jarach, prese in pochi giorni la decisione di costituire in queste due villette una scuola secondaria superiore per studenti ebrei, oltre ad aver ampliato le scuole elementari e medie che già esistevano. Era necessario fornire una struttura educativa alternativa per i moltissimi studenti privati del diritto all’istruzione e per gli insegnanti cacciati dal loro posto di lavoro; era fondamentale reagire a questi provvedimenti discriminatori, che avevano creato sconforto, amarezza e disorientamento. I locali di via Eupili furono riadattati rapidamente, improvvisando banchi e cattedre con semplici strutture fatte di assi e cavalletti. Lo spazio era stretto, mentre c’era un’ampia disponibilità di insegnanti e di bidelli che avevano perso il loro posto di lavoro perché ebrei. I professori provenivano anche da fuori Milano, alcuni erano presidi di istituti superiori e alcuni docenti universitari; fra loro vi erano nomi molto conosciuti per il loro valore in campo scientifico e didattico. In poco tempo vennero allestiti un liceo ginnasio, un liceo scientifico, un istituto magistrale, un istituto tecnico, una scuola di avviamento professionale e un corso superiore di Chimica di livello universitario. I bambini più piccoli ottennero il permesso di frequentare la scuola elementare di via della Spiga nel pomeriggio, perché di mattina era frequentata da bambini non ebrei. Nella scuola di via Eupili i giovani sentirono di aver trovato non solo una guida sicura per i loro studi, ma un ambiente caldo, che stimolava la solidarietà e la comprensione reciproca.
Nel settembre del 1943, quando si abbatté su tutti gli ebrei italiani la politica nazista di deportazione e sterminio, anche la scuola di via Eupili si trovò in grave pericolo, perché i nazisti avevano già fatto un’incursione subito dopo l’occupazione di Milano, trovando però la scuola chiusa per le vacanze estive.
Nonostante il rischio molto elevato si decise di portare a termine gli esami della sessione autunnale. Studenti e professori si collocarono nel recinto destinato alle automobili, pronti per un’eventuale fuga; gli esami si svolsero regolarmente e la sessione si chiuse il 25 ottobre. Per questo il mese di ottobre venne ricordato come «il mese eroico della scuola». In seguito la scuola di via Eupili rimase chiusa fino all’ottobre del 1945.
Tra gli ebrei arrestati e deportati a Milano o nelle vicinanze vi furono anche molti allievi e undici professori della scuola di via Eupili; una lapide, collocata nella Sinagoga di via Guastalla, ne ricorda l’uccisione. Quando, dopo la Liberazione, la scuola riaprì i suoi battenti, iniziò la nuova fase della sua esistenza, ma molti alunni e diversi professori mancavano all’appello.
Ora, in via Eupili, la comunità ebraica ha mantenuto un’unica palazzina al numero civico 8; è diventata un luogo di culto e di ricerca storica della memoria ebraica. Si chiama «Casa di cultura Jacob Malki», sede della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, dove, accanto una continua attività di ricerca, esiste la più grande raccolta di documenti di storia della persecuzione degli ebrei in Italia.
Vicino all’ingresso una lapide commemorativa recita: «In seguito alle leggi razziali del 1938, questa palazzina ha accolto/ professori e studenti ebrei espulsi dalle scuole italiane./ Con la rinascita della democrazia, fu trasformata in un luogo di/ culto e di ricerca storica della memoria ebraica./ Nel 1996, fu restaurata da Elliot Malki, in memoria del padre Jacob/ in segno di contributo ad una vita culturale fiorente».

Francesca Costantini

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