Fabbrica Bianchi

Celebre fabbrica di biciclette, diede un contributo attivo agli scioperi del 1943 e 1944 e alla Resistenza a Milano.

La gloriosa fabbrica di biciclette Bianchi sorgeva a pochi passi dall’istituto magistrale Virgilio di piazza Ascoli (ex Tonoli) adiacente alla caserma dell’Aeronautica di piazza Novelli (ex Italo Balbo).
Nelle vicinanze della fabbrica si era insediata la 7a Brigata nera Aldo Resega, compagnia Tonoli, che raccoglieva fascisti, a detta dei protagonisti di quegli anni, come l’operaio della Bianchi e partigiano della 116a Brigata Garibaldi Amilcare Bestetti, tra i peggiori: «Là finivano i compagni e gli antifascisti sospettati ed era meglio non entrarci. Lì picchiavano duro».
Nel dopoguerra la vasta area occupata dallo stabilimento con i suoi capannoni è stata demolita per far posto a edifici di un certo pregio.
Le vicende della Bianchi ci sono state raccontate da Amilcare Bestetti in una intervista in audiocassetta registrata il 18 febbraio 1985 da Antonio Quatela.
Amilcare Bestetti entra nella fabbrica nel 1925 come apprendista attrezzista a 17 anni e mezzo, quando il fascismo si stava consolidando come regime autoritario.
La sua adesione all’antifascismo è dovuta soprattutto al contatto con gli anziani operai di Turro e di Greco. Bestetti racconta che il numero dei lavoratori della Bianchi contrari al fascismo alla fine degli anni Venti è abbastanza consistente. Anche se, purtroppo, la stragrande maggioranza degli operai aderiva al fascio.
Gli anni Trenta segnano per Bestetti e per molti suoi compagni di fabbrica la scelta di resistere al regime di Mussolini. Poi, con la Guerra di Spagna, cresce sempre di più una forte attività di resistenza ai fascismi che avevano invaso l’Europa. È in quegli anni che aumenta la diffusione di giornaletti e volantini, mentre in fabbrica crescono i simpatizzanti.
Uno dei momenti sicuramente più importanti prima della caduta del 25 luglio 1943 di Mussolini è stato lo sciopero del marzo 1943. «Quello sciopero alla Bianchi – dichiara Bestetti – andò bene, proprio bene e diede una scossa alla baracca di Mussolini. È a causa di quello sciopero che spesso si discuteva anche con gli operai fascisti delle nostre condizioni di vita e a chi faceva comodo la guerra. Quelle discussioni sono state utili per tanti lavoratori che ingenuamente credevano in quel Mussolini. Purtroppo la reazione del regime non si fece aspettare. Alla Bianchi, dopo lo sciopero, portarono via dieci operai. Uno solo di quei compagni tornò vivo dai campi di concentramento tedeschi dopo il 25 aprile del 1945».

Roberto Cenati

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