Palazzo Mezzanotte
Sede della Borsa Valori, ebbe un ruolo importante nella Resistenza a Milano.
L’architetto Paolo Mezzanotte iniziò nel 1927 a progettare il palazzo destinato a ospitare sia la Borsa Valori, sia tutte le Borse merci.
Con un ritardo dovuto alla scoperta, nelle fondamenta, dei resti di un teatro romano, la nuova sede della Borsa fu inaugurata nel 1932. Per dare risalto alla monumentale facciata di marmo bianco, con timpano sovrastante e quattro enormi colonne a sostenerlo, l’architetto aveva previsto un grande slargo antistante al palazzo, ma a causa delle mancate demolizioni di edifici circostanti, ciò rimase solo un progetto, compromettendo in parte la solennità dell’insieme per mancanza di una sufficiente prospettiva. Si trattava comunque di una struttura all’avanguardia, con un sistema di aria condizionata e un quadro elettrico luminoso, dove si potevano leggere contemporaneamente le quotazioni dei settantotto titoli ammessi. Non mancava un bar-ristorante-balera, chiamato Taverna Ferrario, cui si accedeva per un’entrata laterale e discreta, in modo che la sacralità del luogo fosse salvaguardata. La sala delle «grida», in cui fino al 1987 si sono svolte le contrattazioni a voce, oggi visitabile, è così detta perché per contrattare titoli di borsa si gridava sempre e con voce potente.
Il fascismo non amava troppo le Borse valori. Se è vero che uno dei primi provvedimenti del governo Mussolini, nel novembre 1922, fu l’abolizione della nominatività azionaria, che era quanto chiedevano a gran voce gli industriali e i capitalisti del Nord, è altrettanto vero che, una volta ottenuto il loro soddisfatto appoggio, il regime non poteva apprezzare più di tanto l’esistenza di un mercato libero, che contrastava con il proprio dirigismo corporativo.
Già nel 1925 i decreti De Stefani limitarono fortemente l’attività di Borsa. Il resto lo avrebbe fatto la crisi del 1929. La Borsa di Milano rappresentò, comunque, anche tra le due guerre, il sistema industriale italiano e nel 1945 un palazzo Mezzanotte miracolosamente in piedi in mezzo alle rovine di Milano rappresentò in parte l’Italia destinata a risorgere.
Il «principe di piazza Affari» fu Antonio Foglia negli anni Trenta e subito dopo la Liberazione, quando diventò presidente del Comitato direttivo degli agenti di cambio. Fino agli anni Ottanta lo fu Aldo Ravelli, cui è dedicata la Fondazione Memoria della Deportazione. Procuratore di borsa del primo, e compagno di deportazione a Gusen (Mauthausen) del secondo fu Andrea Lorenzetti, eroe della resistenza antinazista, che dettò proprio a Ravelli le sue ultime volontà prima di morire a Gusen il 15 maggio 1945.